La pandemia Covid 19 ha certamente messo in discussione il modello economico produttivo e sociale delle nostre società occidentali, ma altrettanto ha riportato nell’ambito dell’arena politica la centralità e la strategicità delle agricolture e degli alimenti.
Tutti riconoscono che la solidità e la tenuta delle agricolture europee ha favorito una “resistenza” contro gli effetti negativi delle “clausure” imposte.
Certamente alcuni settori ne hanno sofferto di più, soprattutto la ristorazione e il turismo, altri meno e alcuni (pochi) si sono rafforzati.
Innanzitutto ha tenuto la filiera agroalimentare dimostrando d’essere in grado di affrontare anche condizioni sfavorevoli o critiche particolarmente gravose.
Come sappiamo, però, quando ci avviciniamo ai “settori produttivi”, incontriamo professioni che con le loro competenze hanno garantito e garantiscono la tenuta e il funzionamento delle filiere.
Imprenditori agricoli che non si sono scoraggiati e non si sono fatti travolgere da spinte centrifughe deterioranti. Organizzazioni e cooperative che hanno rispolverato i principi fondanti l’appartenenza a soggetti che hanno condiviso difficoltà, molte volte senza applicare il lavoro agile.
Professionisti, Periti agrari e Periti Agrari Laureati, Dottori Agronomi, e tecnici che non hanno lasciato soli le imprese nemmeno quando ordinanze e DPCM hanno determinato vincoli di movimento nelle regioni e fra le regioni.
Un ruolo che ha sostenuto ogni operazione aziendale, sia agronomica che zootecnica. Sia di produzione primaria che di trasformazione, stoccaggio e distribuzione degli alimenti. Ha sostenuto cioè la filiera agroalimentare.
Ma richiamare i risultati ottenuti è come ricordare come le truppe italiane travolte a Caporetto seppero ricomporsi e riprendere la battaglia sul Piave.
Oggi il nemico, il coronavirus, che si riaffaccia in tutta la sua virulenza, spandendo tutto il suo carico di paura e di preoccupazione, va affrontato con un modello che viene sollecitato di “clausura volontaria”, con la convinzione che la ripresa torna se non si smarrisce la speranza e la fiducia.
Fiducia che deve essere sostenuta da un’idea di Paese che deve rigenerarsi, oserei dire rifondarsi.
Al di là del Recovery Fund, vi sono leve sulle quali bisogna operare per riavviare il Paese e modernizzarlo, affinchè condizioni negative straordinarie avverse non indeboliscano ulteriormente il tessuto sociale ed economico produttivo. Occorre cioè operare sul modello della formazione e dell’istruzione professionale (la Costituzione attende il suo compimento da vent’anni) e della scuola e dell’università.
Per quanto ci riguarda continuiamo a chiedere che l’Istruzione Tecnica Agraria venga valorizzata passando dal Ministero dell’Istruzione a quello dell’Agricoltura (era così prima della riforma Gentile, la vivono così alla Edmund Mach a San Michele); che l’università riveda e ripensi alle lauree triennali recuperando quel ruolo di formazione delle élite del Paese. Valorizzando le più di cento aziende agrarie annesse agli ITA riconoscendole quali centri della sperimentazione strettamente raccordati alla ricerca del settore agricolo. Riformando i Collegi e gli Ordini dell’area tecnica agricola riconoscendo il loro ruolo essenziale e centrale nel processo di modernizzazione della struttura burocratica del Paese.
La sussidiarietà non è un termine poetico da utilizzare per assopire qualcuno. PAC, PSR, azioni volte al favorire e promuovere la sostenibilità e un diverso rapporto fra la terra, il verde le attività produttive e l’eccessiva urbanizzazione non si attuano con l’enunciazione di principi o con la mera applicazione di norme, ma con un processo che impegna i professionisti ad operare per progredire in questa vincolata direzione.
Sappiamo d’essere inascoltati soprattutto quando da Periti Agrari e Periti Agrari Laureati affermiamo che le risorse per avviare una profonda riforma della scuola agraria ci sono e sono agevolmente recuperabili dai fondi PAC. Così come non sarebbe difficile mettere mano alla riforma del sistema delle libere professioni del comparto agricolo e agroalimentare, basta solo la capacità di “leggere” un modello che deve elevare la sua offerta professionale e non indebolirla causa riconoscere ruoli, funzioni e competenze a chi non le ha.
Un semplice osservatore dell’OCSE potrebbe agevolmente confortare e confermare queste affermazioni.
Nel frattempo i Periti Agrari e Periti Agrari Laureati continueranno ad offrire la loro qualificata competenza al settore agricolo e agroalimentare con interventi e consulenze di stime di ogni danno provocato da avversità naturali a da fauna selvatica, di catasto urbano e rurale, di costruzioni; degli interventi e delle azioni di moderna gestione delle acque superficiali e di falda, dei processi innovativi e di sicurezza e igiene agricoli e del settore alimentare, di trasferimento dei processi innovativi, stando al fianco delle imprese e di tutti i soggetti della filiera delle nostre agricolture e del nostro ambiente rurale.
dal nazionale
https://peritiagrari.it/area-comunicazione/680-ripartiamo-riformiamo-la-scuola-tecnica-agraria.html
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